giovedì 11 ottobre 2012

C'era una volta... La Tropical

Correva l'anno 2001 e tra i salseri romani si sentiva il bisogno di un luogo dove poterci incontrare d'estate, fuori dagli stereotipi finto-latini di Fiesta. Una casa comune dove poter dividere insieme a tanti amici, vecchi e nuovi, una comune passione.

Finalmente, in quell'estate del 2001 inaugurò La Tropical, un nuovo locale salsero creato dal cubano  Lazaro Martin Diaz nell'ambito del Parco Rosati.

Il Parco Rosati era stato fino allora un semplice parco giochi per bambini. Adesso si trasformava in un parco giochi per grandi, o meglio per eterni Peter Pan che  non avevano ancora perso la voglia di sognare...

La Tropical  all'epoca era un locale molto semplice, molto alla buona: un baretto, qualche sedia, qualche ombrellone.

Si ballava  in mezzo alla pista di pattinaggio illuminata solo da due faretti. Però proprio quella semplicità, oggi,  ci fa apprezzare ancora di più una epoca in cui in cui la SALSA non era ridotta ad un semplice business ma era legata davvero ad una passione, ad un entusiasmo che avevano delle radici più profonde...

In quel locale c'era una atmosfera magica. C'era persino chi ci andava ogni sera (da giugno a metà settembre)  perché sapeva che lì avrebbe trovato  i suoi amici o perché ne avrebbe conosciuti di nuovi...

La trasformazione che ha avuto la Tropical negli anni successivi, è sintomatica di cosa è successo più in generale al mondo della salsa.

E' indubbio  che ogni movimento, quando comincia a diventare di massa, perde i suoi valori iniziali ed incomincia a diventare schiavo delle esigenze del botteghino. E così la Tropical è cominciata a cambiare: si è cercato di allargarla nel tentativo  di mettere dentro sempre più persone, al punto da trasformarla in un vero e proprio porto di mare con gente che andava lì non perché interessato alla salsa ma solo perché intenzionato a fare passerella o a rimorchiare.

Alla fine i gestori, dimenticandosi completamente gli eroici esordi, hanno cominciato ad investire, trasformando la Tropical in una vera e propria discoteca, senza però rendersi conto che il momento era sbagliato perché ormai il giocattolo della salsa stava cominciando a rompersi...

Il fine non era più quello di tenere in locale aperto tutti i giorni solo per garantire un divertimento sicuro a tutti i salseri. No, l'obbiettivo era  quello di fare salsa  solo nelle serate che assicuravano un introito sicuro.

E così La Tropical, da che era aperta 6 giorni su 7, ha cominciato ad aprire solo tre giorni a settimana, senza accorgersi che nel frattempo la gente si era disamorata perché ormai tra i salseri si era fatta forte la convinzione che alla Tropical non si riusciva  più a ballare. Una convinzione tra l'altro esatta, visto che, in particolare nella serata del mercoledì, molte persone rimanevano il tempo intero a chiacchierare dentro la pista con  il bicchiere in mano, disturbando così le evoluzioni dei ballerini.

Poi l'inopinata scelta di privilegiare solo ed esclusivamente la musica cubana ha fatto il resto, allontanando tutte quelle persone che preferivano una selezione diversa, magari più bilanciata o almeno a 360°...

Credo che proprio  la parabola della Tropical, ci deve far riflettere ed allo stesso tempo aiutare a  capire che  la salsa non può e non deve assomigliare al mondo  delle discoteche, deve continuare ad essere una cosa a parte, un oasi felice dove dovrebbe regnare il mai tanto lodato "pochi ma buoni"...

Credo che nessuno di quelli che ha avuto la fortuna di conoscere  La Tropical delle origini non abbia sentito una stretta al cuore ripensando a quando quel locale era un piacevole punto di incontro e di confronto in cui ancora non c'era la cultura del guadagno a tutti costi, ma regnava solo la cultura del divertimento ed il piacere di dividere insieme ad altri romantici il mito dell'America Latina ed il sogno tropicale...

Articolo scritto da Enzo Conte

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